finanza e politica

martedì, ottobre 28, 2008

Il Mondo dice no alla crisi.


Chi mi segue sa che credo nella supremazia della politica. La politica con la "P" maiuscola, quella delle grandi scelte strategiche che vanno oltre alle technicalities, quella che va oltre alle singole spiegazioni razionali di questo o quell'evento.
Ebbene in questa crisi che alcuni definiscono (probabilmente a ragione) totalmente nuova, c'è anche una grande, grandissima novità: tutto il mondo è coalizzato per superarla. Per la prima volta nella storia, tutti ad oriente ed occidente, a sud e a nord vogliono la stessa cosa e si stanno coordinando per organizzare le difese e riorganizzare gli eserciti per rimettere l'economia mondiale sulle rotaie e far ripartire il treno.
Vincerà il mondo? Riusciranno tutti i paesi del globo a superare il caos?
Voi che dite?
Io credo che se questa unità di intenti riuscirà a durare per qualche mese la crisi più dura sarà superata e dopo potremo dedicarci a scrivere nuove regole per tutta l'economia globale.

3 Comments:

  • A patto che le scelte etiche vengano prima di quelle speculative.

    Se il mondo si coalizza per riportare la situazione ex ante, fra qualche anno siamo punto e a capo ...molto probabilmente, peggio.

    Se invece si effettueranno delle riforme VERE, allora qualche speranza c'è.

    Per esempio, mettere fuori legge le tecniche speculative di investimento...per esempio, limitare i paradisi fiscali ai patrimoni privati evitando che le holding attuino partite di giro che non tengono conto del ritorno sui beni immateriali (sicurezza, servizi....).....per esempio, riesumando la TOBIN TAX su investimenti a breve di entità superiori a determitati importi...per esempio, vietando la vendita di asset "complicati" a entità non giuridiche e statali....

    Purtroppo, alcune (se non tutte) delle proposte che ho fatto sono contrarie agli interessi di alcuni Stati (perchè pressuppongono crescite economiche di pochi digit percentuali) e di molte CORPORATE (leggi lobbies politiche interessate ai dividendi e utili a breve termine).

    Di conseguenza, permettimi di essere pessimista.

    Aggiungo che questa crisi è una crisi di insolvenza. Quindi, se non vediamo fallire alcune corporate industriali e bancarie la soluzione trovata è stata semplice...PAGA PANTALONE.

    ciao

    By Blogger Azimut72, at 9:20 AM  

  • Sulla crisi ho scritto questa nota che vorrei volentieri condividere nei blog interessati.
    Faccio riferimento anche al mio libro, appena uscito.
    Vivere di rendita per evitare la catastrofe?
    Una proposta per una decrescita serena (vedi anche http://viveredirendita.blogspot.com)
    “Cominciare a vivere di rendita per cominciare a evitare la catastrofe”: così il politologo Giorgio Galli riassume, nella sua prefazione, la proposta di Cesare Valentini nel suo ultimo libro “Vivere di rendita” (Intra Moenia 2008). Il libro esce proprio nel momento in cui si palesa una potenziale catastrofe economica a livello globale.
    Nel libro per “vivere di rendita” si intende la volontà di promuovere le relazioni e gli “assets” anche intangibili che si possiedono, senza ostinarsi a voler accumulare le cose.
    La tesi è che il mondo è rapidamente e drasticamente cambiato perché non si è potuto più nascondere che la “crescita” era un fenomeno drogato e che l’Occidente, America in testa, vive ormai da tempo sopra i propri mezzi e saturo di cose e di desideri.
    Ma le ricette indicate rischiano di perseverare nell’errore. Ha detto bene il sociologo Zygmunt Bauman (l'autore di “Modernità liquida”): "Oggi ci viene proposta una via d'uscita apparentemente semplice dallo shock che affligge sia i tossicomani che gli spacciatori: riprendere (con auspicabile regolarità) la fornitura di droga" (Repubblica 8.10).
    I governi hanno sembrato ondeggiare o anche confliggere solo sulle declinazioni di questa ricetta (mantenendo l’analogia: meglio assumere, sniffare o bucarsi?). Si è infatti provato di tutto: riduzione dei tassi, inondazione di liquidità, acquisto di titoli “ tossici” (appunto), incerte nazionalizzazioni, promesse per tutti, super garanzie ai risparmiatori, alle banche, alle imprese. Si vuole soprattutto rasserenare, cioè continuare a illudere, sebbene numerosi rischi non siano ancora emersi, in riferimento per esempio agli strumenti finanziari che promettono di assicurarsi dai fallimenti, i cosiddetti credit default swaps.
    Ma già tutto appare ormai sulle spalle del “debitore di riferimento”, lo Stato nazione.
    Saranno spalle abbastanza forti? Qualche nazione rischia già di saltare. Il rischio peggiore che si profila è proprio la decostruzione dello stato nazione a livello planetario. Potrebbe essere allora la fine e non il ritorno delle politiche pubbliche. Il trionfo, non il declino, dell’iper-impero finanziario, sufficientemente potente ormai da imporre in pochissimo tempo la deroga a molte delle pratiche pubbliche internazionali così faticosamente costruite, come il patto di stabilità, la valutazione al fair value, la precauzione sui crediti, lo stop alle emissioni inquinanti, persino il processo democratico delle decisioni. Sintomatica la dichiarazione di chi appare incarnare lo spirito dello stato, Sarkozy: “il nostro compito è consentire che le banche continuino a prestare…”.
    In questa società del cerino acceso, del rischio trasferito, il cittadino trova sempre più difficile gestire in proprio le sue strategie di salvezza. L’uomo occidentale già vive di rendita, ma lo fa spesso inconsapevolmente, senza trarne un impegno, un desiderio, una strumentazione per rivalutare i fini del proprio vivere, produrre e consumare.
    Michele Serra riprende bene questo tema su Repubblica 22.10: "La grande prevalenza di spiegazioni "tecniche", nel corso di questa crisi, fa capire meglio di ogni altra cosa , cosa significhi "pensiero unico"...Rifare ordine nei bisogni, nelle priorità, nei consumi, appare quasi impossibile nel caos allucinato di una civiltà...se la sinistra volesse ripartire da qui, da questo fermo-immagine di una società terrorizzata dalla propria stessa ingordigia..."
    Di questo parla il libro, come anche del tentativo di milioni di cinquantenni di ritirarsi anzitempo dal “gioco”, premessa per cambiare il gioco stesso.
    Vivere di rendita per evitare la catastrofe appare dunque una ambiziosa provocazione intellettuale e persino politica, prima ancora che la proposta operativa di un financial planner indipendente. Significa ricercare un nuovo stile di vita, più lento profondo e soave, (avrebbe detto Alexander Langer), cui si conformi una strategia di preservazione, controllo e buon uso delle proprie risorse. Rallentare per salvarsi come individuo, ma anche per costruire una “massa critica” in grado di ridisegnare l’economia e prefigurare una politica che ritrovi uno slancio ideale, senza appiattirsi sul concetto pallido del realismo politico.
    L’autore di “Vivere di rendita” ha insomma cercato di costruire una piccola guida, ma anche una testimonianza utilizzabile per un dibattito su come evitare la catastrofe.
    28.10.2008 Cesare Valentini

    By Blogger Cesare Valentini, at 4:15 PM  

  • Grande. Grande.....sono andato a vedere il tuo blog e l'ho trovato mitico.
    Appena aggiorno i link lo aggiungo. intanto andrò a comprarmi il libro.

    By Blogger duca, at 12:55 AM  

Posta un commento

<< Home